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Colonizzare nuovi pianeti ed esplorare lo spazio: prospettive della stampa 3D

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Colonizzare nuovi pianeti ed esplorare lo spazio: prospettive della stampa 3D

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Pubblicato da Alfredo Brotto in Notizie ITC · Mercoledì 19 Feb 2025 · Tempo di lettura 7:15
Tags: colonizzazionepianetiesplorazionespaziostampa3Dsoluzioniadditivecostruzioneastratiproduzioneoggettitecnologie3Dstrumentazionespaziale
Secondo gli esperti, la stampa 3D potrebbe velocizzare in maniera significativa l’esplorazione dello spazio extraterrestre. Ma come ottimizzare la produzione di oggetti con la stampante 3D nello spazio e migliorare il loro grado di sicurezza? È possibile creare sistemi ottici ultraleggeri per i nanosatelliti grazie a queste nuove tecnologie? I ricercatori delle università russe partecipanti al progetto 5-100 rispondono oggi per noi a queste e altre domande.
Uno dei principali vantaggi del nuovo approccio è che una stampante 3D è in grado di sostituire un gran numero di macchinari tradizionali di produzione. A novembre 2020 la rivista Forbes ha incluso le tecnologie additive tra le 5 tecnologie innovative più rivoluzionarie sulle quali vale la pena investire. Gli autori dello studio osservano che queste tecnologie possono apportare grandi benefici al settore aerospaziale in cui il peso del prodotto è spesso il principale fattore che determina un aumento delle spese di immissione in orbita.

Startup tunisina stampa in 3D mani bioniche a energia solare per i disabili in Africa

L’utilizzo della stampante 3D nello spazio potrebbe velocizzare in maniera significativa l’esplorazione dello spazio extraterrestre e le tecnologie additive potrebbero essere attivamente impiegate per la costruzione di missili.
I caschi degli astronauti Robert Behnken e Douglas Hurley, i quali hanno partecipato al lancio del missile Falcon 9 dalla navicella spaziale Crew Dragon il 30 maggio 2020, sono stati creati con l’ausilio della stampa 3D.
Secondo l’AD di SpaceX Elon Musk, grazie alla stampa 3D è possibile creare componenti resistenti e ad alto valore produttivo del motore in una frazione del tempo e spendendo molte meno risorse rispetto ai tradizionali metodi di produzione. La società utilizzò il primo componente prodotto grazie a una stampante 3D già nel 2014.
La società aerospaziale Blue Origin di Jeff Bezos utilizza le tecnologie additive per stampare componenti del motore BE-4. Anche giovani società produttrici di missili come Relativity Space (USA) e Orbex (Gran Bretagna) intendono far largo uso della stampa 3D.
Migliorare la sicurezza delle soluzioni 3D
Al contempo la presenza seppur minima di difetti all’interno delle soluzioni ottenute con la stampa 3D può essere cruciale in termini di sicurezza del prodotto finito. Gli scienziati dell’Università nazionale russa per la Tecnica MISiS sono riusciti a perfezionare la tecnologia della stampa 3D a partire dall’alluminio ottenendo un prodotto finale una volta e mezzo più resistente.
Secondo i ricercatori dell’Università il rischio principale legato alla comparsa di simili difetti è dovuto alla elevata porosità del materiale, ossia alle caratteristiche della polvere di alluminio usata come materiale di partenza. Per garantire una microstruttura uniforme e compatta del prodotto stampato gli scienziati hanno proposto di aggiungere alla polvere di alluminio delle nanofibre di carbonio in grado di ridurre la porosità del materiale e incrementarne di una volta e mezzo la resistenza. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Composites Communications.

“Le nanofibre di carbonio presentano una elevata conducibilità termica che contribuisce a minimizzare i gradienti di temperatura tra i diversi strati stampati nella fase di fusione laser selettiva. Grazie a questo, è possibile eliminare quasi completamente qualsivoglia difetto dalla microstruttura del materiale”, spiega Aleksandr Gromov, docente presso l’Università nazionale russa per la Tecnica MISiS.

Le nanofibre di carbonio utilizzate sono un prodotto collaterale della lavorazione del gas associato. In sede di decomposizione catalitica del gas il carbonio si accumula sotto forma di nanofibre sulle particelle metalliche del catalizzatore. Solitamente i gas associati vengono semplicemente combusti presso i giacimenti, il che danneggia l’ambiente. Pertanto l’utilizzo di questo approccio ha anche una grande valenza in termini ambientali, osservano gli scienziati.
Ottimizzare la produzione nello spazio
La stampa 3D può essere impiegata nella future missioni spaziali come la colonizzazione di Marte, affermano Elon Musk e altri esperti. Per vivere su Marte sarà necessario avere la possibilità di avviare in loco la produzione e idealmente di impiegare i materiali locali. Le stampanti 3D potranno essere impiegate per costruire le fondamenta delle abitazioni e crearvi attorno un habitat.

Carne e pesce sintetici verranno stampati in 3D sulla ISS

Già ora per la Stazione spaziale internazionale (ISS) il problema dell’accessibilità dei materiali è piuttosto importante. Gli astronauti, infatti, devono aspettare ogni volta la successiva navicella cargo per diversi mesi. Talvolta si rompe o si perde un piccolo ma importante componente: ad esempio, spesso si perdono componenti elettrici. In questi casi una stampante 3D che fosse in grado di stampare prodotti plastici nello spazio potrebbe risolvere la criticità. In futuro, durante viaggi interplanetari il problema dell’accessibilità sarà ancora più significativo e aumenterà la domanda di simili stampanti.
Per la produzione di strumenti, apparecchiature e altri attrezzi utilizzati dagli astronauti a bordo, nel 2016 la NASA commissionò alla società Made In Space di installare una stampante 3D permanente sulla ISS. Dopo questa esperienza anche alcune società europee e cinesi hanno annunciato la creazione di macchinari simili.
Il vantaggio della stampante 3D russa che sarà mandata nello spazio nel 2021 è il fatto di essere un sistema modulare perfezionato in grado di facilitare l’ammodernamento e la riparazione delle strumentazioni presenti, spiegano i creatori di questa tecnologia, gli scienziati del Politecnico di Tomsk. Infatti, nel passaggio da semplici materie plastiche a materiali compositi gli ingegneri non devono predisporre una nuova stampante e poi inviarla nuovamente sull’ISS come devono fare invece oggi i colleghi americani.

“Oggi la preparazione del modello di stampante 3D sta volgendo al termine. La strumentazione che viene inviata sull’ISS deve soddisfare rigidi requisiti di resistenza a sollecitazioni meccaniche, climatiche e di altra natura. Inoltre, bisogna assicurarsi che la stampante sia sicura per gli astronauti. Questi elementi sono oggetto di verifica al momento. In parallelo stiamo perfezionando il software creato appositamente per la stampante”, spiega Vasily Fedorov, direttore del laboratorio di produzione presso il Politecnico di Tomsk.

Creare un sistema ottico ultraleggero per i nanosatelliti
Le opportunità che apre la stampa 3D hanno consentito agli scienziati dell’Università di Samara di creare un sistema ottico ultraleggero unico nel suo genere basato sulla diffrazione ottica e destinato ai nanosatteliti. Sarà il primo obiettivo al mondo basato sulla diffrazione ad essere inviato nello spazio.
Alla base del sistema ottico vi è una lente diffrattiva piatta che presenta caratteristiche uniche. L’obiettivo basato su questa lente va a sostituire il sistema di lenti dei più moderni teleobiettivi e si distingue per il suo esiguo peso (meno di 100 grammi) e le sue ridotte dimensioni.
Per l’obiettivo è stato messo a punto un innovativo corpo esterno che consente di minimizzare il peso pur conservando la resistenza della struttura. Questa è stata creata con l’ausilio della stampa 3D a fusione laser selettiva SLM 280HL.
Secondo gli scienziati, per minimizzare il peso del componente, nella sua struttura interna sono state aggiunte apposite cellette. Le dimensioni del componente sono 70 x 80 x 100 mm. Grazie all’impiego di tecnologie additive si è riusciti a ridurne il peso del 40% rispetto ad analogo componente ottenuto da metodi produttivi tradizionali.

“La struttura dell’obiettivo è stata ottenuta a partire dalla polvere di una lega di alluminio, AlSi10Mg. Questa è di produzione russa ed è nota sia in Russia sia all’estero. Tutti sanno che nell’aerospaziale il peso è la caratteristica principale: si lavora intensamente per ridurlo il più possibile”, spiega Vitaly Smelov, docente presso la facoltà di Tecnologie di produzione dei motori dell’Università di Samara.

Gli scienziati hanno condotto un processo a più fasi di ottimizzazione topologica della struttura e ne hanno analizzato le diverse forme.

“In collaborazione con gli esperti specializzati in ottimizzazione topologica e tecnologie additive della CADFEM CIS abbiamo condotto un gran numero di esperienze finalizzate a ottenere una nuova forma strutturale che soddisfacesse i moderni requisiti delle società spaziali a livello globale”, spiega Anton Agapovichev, collaboratore scientifico dell’Università di Samara.

Il prezzo, ad esempio, di un obiettivo per il cubesat Gecko Imager è di 23.000 euro. Secondo gli scienziati, il costo del sistema ottico da loro messo a punto sarà parecchio inferiore.
Il progetto 5-100, realizzato nell’ambito del piano nazionale russo “Formazione”, intende stimolare il potenziale scientifico delle università russe, rafforzandone la competitività sul mercato globale degli enti di formazione.


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